Ogni cosa pare che abbia un brulicante inizio ed una straripante fine, anche questo spettacolo, nel teatro di Altroquando... Siamo nell'ombra, con la musica sospesa nel petto, in un abisso mistico, zitti zitti... Il maestro, sciamano sciamannato, scandisce il tempo con un tamburello. Scie luminose si irradiano come lucciole, illuminano un canto, siamo indiani Cherokee cazzo:
"Il mio tamburo ha molte voci
Il mio tamburo racconta molte storie
Questo tamburo è pieno di mistero
Questo tamburo è pieno di sogni.
Ascolta il suo battito
Ascolta il suo battito
Ora tu senti il battito degli zoccoli
Ora tu senti il battito delle ali
Tutto è Uno."
Siamo della sabbia, svelati dall'acqua, conchiglie alla deriva... E già il maestro è travolto, in una danza scomposta, obliquo è il baricentro della sua eresia. "Se non possiamo avere uguaglianza sociale ritroviamoci nudi nella musica, in amore!" Canticchia sempre l'amour fou, quando si apre il sipario. E ora, invasato, alimenta il suo fuoco, divampa: "Al nuovo ordine mondiale resistiamo senz'abiti... che si scriva di noi come di perenni innamorati!" Ci vuole entrare nell'anima a capofitto, è spudorato. Impugna ora la bacchetta ma non dirige nota alcuna, è un trucco, un atto di amore che penetra l'aria e ci fa smarrire la carne. Svaniamo. Siamo inebriati nell'attesa, il respiro evapora nell'aria tersa, eppure ci siamo dimenticati dove eravamo rimasti, nuotando, amore e psiche. Disorientati, attratti, ci nutriamo di estasi e vertigine. Iniziati forse, abbagliati dalla luce. Santa Teresa d'Avila, appena sfioro le corde, mi fai sentire che Dio non è una trappola per topi, è uno stato della mente. E ridiamo sulle note che si attorcigliano, intrecciati come amanti, sino a scoprire il dolore del piacere. Finirà prima o poi ma vorrei sentire ancora gli archi fremere, il theremin allunare, e i tuoi occhi, umidi, esultare sulle mie labbra. Baciarti, musica, senza pelle né scheletro, e che dannato sia il tuo ammarare.